Classificazione dell'olio di oliva dall'extravergine al lampante

16 Ottobre 2022
4 minuti

Probabilmente vi sarete chiesti più volte quale sia esattamente la differenza tra olio vergine ed extravergine. Oppure siete curiosi di sapere quali parametri vengono impiegati per la classificazione dell'olio di oliva. Bene, in questo articolo vedremo quanto è importante conoscerne le diverse categorie per un consumo consapevole.

Il tasso di acidità alla base della classificazione dell'olio di oliva

Il più importante parametro nella classificazione dell’olio di oliva è l’acidità, la quale viene espressa in quantità di acidi oleici presenti per 100 grammi di olio. L'acido oleico è un acido grasso monoinsaturo, appartenente alla famiglia degli Omega-9. Questo tipo di acido grasso contrasta i radicali liberi, svolgendo un'attività protettiva nei confronti di vasculopatie e neoplasie, oltre a combattere la degenerazione cerebrale senile.

Il tasso di acidità dell'olio di oliva varia normalmente dallo 0,8% (cioè 0,8 grammi di acidi oleici per 100 grammi di olio) a più del 2%. In generale vale la regola per cui più il tasso di acidità è basso, migliore è la qualità dell’olio.

Oli di oliva vergini

La migliore categoria per qualità è quella degli oli di oliva vergini. Per olio di oliva
vergine si intende quello ricavato dalle olive, i frutti dell’olivo, e
sottoposto unicamente ai processi meccanici di produzione che non ne
provocano alterazioni. Sono quindi esclusi da questa categoria gli oli nella
cui produzione sono coinvolti processi chimici e miscela con oli di altra
natura.

Gli oli di oliva vergini sono a loro volta classificati in:

  • Olio extravergine di oliva (EVO): La quantità di acido oleico non può eccedere lo 0,8%. È l’olio di oliva per eccellenza, di qualità superiore e con aromi specifici che variano da una produzione all’altra.
  • Olio vergine di oliva: La quantità di acido oleico non può eccedere il 2% ma è superiore allo 0,8%. È un buon olio di oliva, dall’aroma meno definito rispetto a quello dell’olio extravergine ma a volte anche dal “gusto fruttato”.

Olio di oliva

La categoria direttamente successiva agli oli vergini per qualità è quella dell'olio di oliva. La quantità di acido oleico è inferiore all'1%, ovvero non superiore a un grammo per 100 grammi. Si ottiene dalla miscela di olio di oliva lampante (sull'olio lampante ne parleremo più avanti) e olio di oliva vergine o extravergine. Sull'etichetta potete leggere la dicitura “composto di olio di oliva raffinato e olio di oliva vergine”.

Olio di sansa di oliva

Si tratta di una miscela di oli derivati dal trattamento della sansa e oli ricavati direttamente dalle olive. Sull'etichetta trovate la dicitura "olio contenente esclusivamente oli provenienti dal trattamento della sansa di oliva e oli ottenuti direttamente dalle olive". Come il precedente, anche questo tipo ha un'acidità inferiore all'1%.

Quest'olio è molto differente dall'olio di oliva, in quanto si estrae dalla sansa, ovvero dai residui solidi che derivano dalla lavorazione delle olive. Praticamente potete immaginare una poltiglia di buccia residua, polpa e noccioli schiacciati che rimane al termine dell'estrazione in frantoio. Tale massa contiene ancora una quantità residua di olio che viene estratta con l'ausilio di solventi chimici e il risultato viene definito "olio di sansa di oliva greggio". L'olio così estratto non è però adatto al consumo, per cui viene prima raffinato per diventare prima "olio di sansa di oliva raffinato" e poi miscelato con un olio vergine per diventare infine "olio di sansa di oliva". Oggi questo trova maggiormente impiego nell’industria alimentare per la preparazione di prodotti da forno e nelle fritture.

Olio di oliva lampante

Se la quantità di acido oleico è superiore al 2% l'olio viene definito "lampante", termine che ha un'accezione negativa. Gli alti livelli di acidità lo rendono infatti sgradevole al palato e all'olfatto e per questo è stato storicamente declassato a olio per le lampade, da qui il termine "lampante". In epoche passate esso trovava prevalentemente impiego come combistibile e per altri usi non di tipo alimentare. Sull'etichetta trovate la dicitura “miscela di oli di oliva raffinati e oli di oliva vergini”.

I difetti organolettici di questo olio sono da imputare a diversi fattori, quali il clima, agenti patogeni o negligenze nella filiera produttiva che "guastano" il prodotto. L'olio può essere quindi lampante sia di nascita che per un errore.

Consumare olio lampante è possibile e non arreca danni alla salute. Al contrario, recenti studi ne hanno confermato le proprietà nutrizionali e benefiche per l'organismo. Per essere ammesso al consumo, l'olio lampante viene prima sottoposto a processi chimici per essere deacidificato e poi mescolato a oli vergini per correggerne le proprietà organolettiche. Per dare un'idea dell'ampia diffusione, basta pensare che la maggior parte dei cibi sottolio, come ad esempio il tonno in scatola, sono in olio lampante.

Normativa europea nella classificazione dell'olio di oliva

La qualità dell’olio di oliva è regolamentata da una normativa della Comunità Europea. Come abbiamo visto, il tasso di acidità, i meccanismi di estrazione e il tipo di "taglio" determinano la qualità del prodotto, giustificando diverse fasce di prezzo e diversi gusti.

Ogni volta che acquistate una bottiglia di olio, volete provare una nuova marca o siete attratti da un'offerta o novità sugli scaffali del supermercato concedetevi il favore di leggerne l'etichetta. Un consumo consapevole e informato è sicuramente la giusta base per gustare con piacere un buon olio!

Sia che lo abbiate comprato al supermercato o direttamente dal produttore, oltre alla scelta è importante la conservazione dell'olio per preservarne più a lungo le proprietà organolettiche. Per approfondire vi rimando al mio articolo Come conservare l’olio di oliva in casa.

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